Considerando che la lavorazione del formaggio si compone davvero solo di due ingredienti (tre, se si conta il sale), stupisce che ci siano variazioni alla ricetta base tali da garantire un risultato stravagante, che al nostro palato italiano può risultare addirittura disgustoso.
Eppure è proprio così, e i casi di formaggi “particolari” sono talmente tanti che abbiamo pensato di raccoglierli in un approfondimento, come in una collezione di curiosità.
Dal geitost al formaggio di Yak
Uno dei formaggi probabilmente più noti nonostante la sua stranezza è il geitost norvegese, che viene erroneamente chiamato “il formaggio al cioccolato” per via della sua colorazione marroncina, che in realtà è dovuta alla cottura continua per circa dieci ore. Composto in una sorta di mattoncini rettangolari, si mangia tagliandolo in sfoglie sottili e ha un sapore dolciastro.
Il formaggio di yak è una invenzione relativamente recente delle popolazioni tibetane, che invece per tradizione usano il latte dei loro animali da soma solo per berlo e per farne un burro molto noto: sta fra una caciotta e un erborinato.
Altri formaggi da animali particolari sono quelli ricavati dal latte di cammella, che può dare ad esempio alla produzione di una specie di brie, oppure quello di asina, che essendo costoso già all’origine è alla base di prodotti non alla portata di tutti (1500 euro per mezzo chilo di simil-parmigiano vi sembran pochi?).
Il Branza, invece, è un formaggio rumeno che può somigliare nella forma a un caciocavallo ma che si stagiona all’interno della corteccia di abete: per questo profuma moltissimo di resina!